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La foto è verticale e mostra la facciata della chiesa di San Zenone. La chiesa è gialla, mentre il campanile ristrutturato è di colore arancione.

La prima volta che troviamo nominata la località in un documento è nel 1234, in occasione di un atto di confinazione tra i territori di Cittanova e di S. Giorgio che vedono il conte Mainardo decidere in qualità di arbitro "una questione vertente tra Vosalco di Momiano
(...) Enrico di Pisino, Stefano e Rodolfo, nonché il comune di Cittanova da una parte, e Vidotto e Flabiano fratelli del castel di S. Giorgio per se e per quel comune dall’altra".
Tra le varie località nominate nel documento compare anche Ortoneglo. Risale invece al 1337 un atto di cessione nel quale viene ricordato il prete Lastigna “Plebano Ecclesiae S. Zenonis de Ortoneglo”, presente quale testimone. In un documento, datato 25 settembre 1348, un Antonio da Ortoneglo appare quale possessore di una vigna a Muggia e, sempre a Ortoneglo, il 22 settembre 1371, viene redatto l’atto di determinazione dei confini del territorio di S. Giorgio. Col toponimo Vartiniola il villaggio lo si ricorda in un diploma della metà del Trecento, mentre un Biagio Fonar “de Villa Hortonilli” è presente nel 1498, in qualità di testimone, alla donazione del vescovo di Cittanova Marc’Antonio Foscarini a Paolo Razizza di Buie di un terreno sul quale erigere una chiesa alla Madre delle Misericordie.
Seguendo attentamente la cartografia istriana a partire dal Cinquecento, notiamo come il villaggio assuma diverse denominazioni: Uertenegio (Pietro Coppo, 1525), Vertenegia (Ferrando Bertelli, 1569), Verteneggio (Magini, 1620), Vertenogio (Matteo Greuter, 1657), Vertenaggio (Giacomo Cantelli, 1681), sino ad arrivare all’attuale Verteneglio nella carta di Giovanni Salmon del 1753.
Per quanto concerne invece lʼorigine etimologica del nome, le ipotesi sono divergenti. C’è chi sostiene essa derivi dalla voce latina hortus niger, paese degli orti di terra nera, variante questa che ancor oggi non è stata suffragata dal ritrovamento di lapidi o altre iscrizioni che possano convalidare tale ipotesi. La parrocchia stessa, infatti, non conserva nessuna testimonianza in grado di far luce sull’origine del
toponimo e sulla storia del borgo prima del tardo medioevo. Nei Commentari storico geografici della Provincia dell’Istria, il vescovo emoniense Giacomo Filippo Tommasini scriveva che il suo vero nome è Orto Negro perché "quivi la terra comincia ad essere negra, essendo il resto del territorio di Cittanova terra rossa, ora dagli slavi che chiamano l’orto Verthe fu corrotto il vocabolo in Vertenelio.
Uno dei fautori dell’ipotesi che vuole il toponimo Verteneglio derivato dalla voce latina hortus niger è stato Elio Predonzani, il quale sosteneva che la terminazione latina in -illus poteva diventare in italiano -iglio, -ello; come priscus si è evoluto in priscillus, baculus in bacillus così hortus ha avuto la sua evoluzione in hortonillus oppure hortenillus, trasformatosi poi nella forma volgare Ortoneglo.
La forma aggettivale Vertex e non hortus, secondo il Doria, si sarebbe evoluta in Verteneglio (Vertex Niger, assimilatosi in Verte-niglu). Il Gravisi ritiene che i toponimi istriani Marmonegla, Sernigla, Mugla (da cui Muggia), e tra questi vi include anche Ortoneglo, sarebbero di derivazione arcaica. Il Parentin, infine, accosta il toponimo alla pronuncia dialettale slava che suona Bertonigla (Brtonigla) e che egli mette in relazione con i toponimi istriani Bercenigla e Mercenigla di origine prelatina.
Con la dedizione di Cittanova alla Serenissima (1270) anche Verteneglio entrò politicamente nella sfera d’influenza veneziana. I rapporti tra il comune cittanovese e il suo contado erano regolati da tradizionali accordi di vicinanza, a volte definiti sin dal momento dell’insediamento del villaggio, ma spesso derivati da antiche consuetudini; dal punto di vista ecclesiastico, invece, la villa faceva parte, fino allo scadere del XVI secolo, delle parrocchie soggette a Cittanova. La cura di anime e i diritti di decima spettavano al Capitolo cattedrale; i canonici
vi mantenevano un vicario in funzione di curato amovibile, delegato annualmente, ed a dimostrazione dei loro diritti si recavano processionalmente tutti gli anni alla chiesa curaziale intitolata alla S. Croce. Nei mesi estivi vi soggiornavano anche i vescovi di Cittanova, che si allontanavano dalla loro sede per sfuggire la malaria dilagante e continuare nell’esercizio delle loro funzioni; la villa, infatti, abbarbicata su un colle “aperto e dominato dagli altri venti”, aveva fama di luogo salubre testimoniato dal “bel colore di volto”e dalla salute delle genti che vi abitavano. E fu proprio a Verteneglio che nel 1621 il vicario del vescovo Eusebio Caimo, Massimo Rigo,
rilasciò una pergamena con la quale si voleva por fine alle liti sorte tra alcune famiglie buiesi per il diritto di nomina del sacerdote addetto alla locale chiesa della Beata Vergine delle Grazie, e sempre a Verteneglio, più precisamente nell’abitazione di Orazio Busin, il 18 ottobre 1640 il Caimo trovò la morte.
La nostra borgata dovette rivestire allora una certa importanza se alcuni noti corografi dei secoli XVI e XVII la descrissero nelle loro opere. Fortunato Olmo, ad esempio, nella sua Descrittione dell’Istria scrisse che "Berto-Negra è picciolo castello situato nelle più alte colline, assai habitato, lontano da città nova cinque miglia, è senza muraglia et posto in sito ameno, è di bel vedere a lontano", mentre verso la metà del Seicento il vescovo emoniense Giacomo Filippo Tommasini fornì un quadro molto più esaustivo della località (...). Come opportunatamente sottolineò il Tommasini nella sua corografia, le epidemie di peste che spopolarono il territorio e lo stanziamento di nuovi coloni per colmare il vuoto demografico venutosi a creare influirono notevolmente sul futuro del villaggio.

 

FONTE: Rino Cigui, "Verteneglio e il suo territorio in epoca veneziana – Brtonigla i okolica u mletačko doba", Comune di Verteneglio, 2013.

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